Cambiamento, etnopsichiatria

Ricerca e Salvataggio in mare: una panoramica sul mondo delle ONG

Da anni si discute del ruolo che le ONG svolgono nella dinamica dei flussi migratori.

C’è chi le vede come i “taxi del mare”, chi come un aiuto concreto alla Guardia Costiera e chi, invece, non si è ancora fatto un’idea rispetto al loro operato e si limita a vederle come un passaggio obbligato nell’iter dei flussi migratori.

Ma cosa sono queste ONG? Come avvengono le operazioni di Ricerca e Soccorso in mare? Chi sono davvero le persone che decidono di imbarcarsi e fare i conti con regolamentazioni nazionali e internazionali pur di salvare delle vite umane?

Ho provato a chiarire questi e altri dubbi grazie all’aiuto di Valeria Taurino, Direttrice Generale di SOS Mediterranee Italia e da anni impegnata nell’ambito dei diritti umani.

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Cambiamento, etnopsichiatria

Migranti ambientali: gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni

Quando si pensa alle cause delle migrazioni il pensiero va automaticamente a conflitti, faide tra clan, povertà e persecuzioni. Negli ultimi anni, però, sempre più persone si vedono costrette a fuggire dai propri territori per un altro motivo, e cioè a causa di criticità ambientali.

Seppure non esista ancora un riconoscimento giuridico per queste persone, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) fa riferimento a loro come “migranti ambientali”. In questa definizione sono comprese tutte quelle persone che si vedono costrette a lasciare la propria terra d’origine a causa di cambiamenti improvvisi o progressivi delle condizioni ambientai che rendono impossibili le normali attività sociali, lavorative e di sostentamento.

È evidente, quindi, che la crisi climatica che stiamo attraversando ci sta mettendo di fronte ad un fenomeno sociale e culturale molto impattante, un fenomeno che ha (e che avrà sempre di più) un effetto diretto sulle nostre politiche sociali in tema di integrazione e non solo.

Parlerò di questo e molto altro con Andrea Grieco, divulgatore e consulente ambientale che ormai da anni si occupa di sostenibilità e conseguenze del cambiamento climatico.

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Hijab: il velo tra pregiudizi e scoperta di sé

Quando si parla di Hijab immediatamente saltano alla mente immagini come la morte di Mahsa Amini, i recenti avvelenamenti in Iran di un gran numero di studentesse o lo stereotipo della donna costretta a coprirsi il capo in segno di sottomissione.

Il velo però è un oggetto dalle mille sfaccettature e, allargando il focus, vediamo come oltre alla sua interpretazione in chiave di privazione di diritti o obbligo religioso-morale risulta essere anche un oggetto cult nel campo della moda e persino uno strumento identitario volto ad incrementare il benessere psicologico individuale.

Data la complessità dell’argomento, ho deciso di fermarmi e chiedere a chi il velo non solo l’ha incontrato nel corso della sua vita ma lo ha anche scelto facendolo diventare una parte importante di sé e condividendo poi questa bellissima esperienza raccontandosi in un libro.

Partendo proprio dal suo ultimo libro, “Il velo dentro”, con Rosanna Maryam Sirignano (formatrice e membro del Centro Islamico Culturale d’Italia) cercheremo di chiarire alcuni punti riferiti all’hijab e magari di sfatare qualche falso mito al riguardo.

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Bambole: da oggetto rituale a feticcio sociale

Le bambole sono un oggetto comune che ci fa compagnia sin dai tempi degli antichi egizi e, se guardiamo bene, chiunque di noi ne possiede almeno una nella propria casa.

Nel tempo, però, la bambola ha subito varie trasformazioni passando da mero strumento ludico a oggetto rituale fino a diventare un bene da collezione o addirittura uno strumento terapeutico.

In questo video di Etnopsi, quindi, ho voluto approfondire il ruolo che le bambole possono rivestire all’interno del contesto culturale in quanto, a ben vedere, possono essere considerate come delle testimonianze di ciò che siamo, che eravamo e di ciò che aspiriamo ad essere.

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Shock culturale: il trauma degli Expat

Qualche tempo dopo il trasferimento nel nuovo ambiente sociale la maggior parte delle persone espatriate si trova a dover fare i conti con un forte senso di ansia e smarrimento. Questo malessere prende il nome di shock culturale e non è certo un fenomeno nuovo, basti pensare che per molto tempo gli antropologi l’hanno ritenuta una vera e propria malattia professionale.

Negli ultimi anni, però, questo particolare disturbo dell’adattamento è diventato una realtà molto diffusa…e lo è anche qui in Italia dato che sempre più connazionali scelgono di trovare la loro stabilità all’estero, vedendosi costretti a dover abbandonare il proprio contesto culturale per adattarsi a quello nuovo.

In questo video di Etnopsi, quindi, ho ritenuto utile approfondire la tematica dello shock culturale descrivendo il fenomeno ed evidenziando le strategie più utili da mettere in atto per attenuarne gli effetti stressanti sulla persona.

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Zingaro a chi? Un viaggio nella cultura Romanì

Nello scenario comune il Rom è quello che vive alle spalle della società, una persona nomade che non vuole integrarsi e che si dedica ad attività illecite per riuscire a tirar via la giornata.

La maggior parte degli “Zingari” (come erroneamente e in maniera dispregiativa vengono definiti) però, è tutt’altro che parassita: vive in appartamenti, svolge incarichi anche di prestigio a livello nazionale e internazionale ed è costretta a nascondere la propria appartenenza per via dei pregiudizi che ci sono in merito alla propria etnia.

In questo nuovo video di Etnopsi ho voluto approfondire la cultura Romanì, cioè quella condivisa da Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals, evidenziandone la storia, gli aspetti salienti e aprendo una parentesi riguardo i pregiudizi che gli stanziali hanno nei confronti dei “Rom” ma anche quelli che questi ultimi hanno nei confronti dei “Gage”.

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Le nuove sfide dell’accoglienza: ONG, carico residuale e ritraumatizzazione

Le ultime vicende che hanno visto protagoniste le navi ONG “Humanity One”, “Rise Above”, “Geo Barents” e “Ocean Viking” hanno riaperto la questione legata all’accoglienza e al ricollocamento dei migranti sia a livello nazionale che Europeo.

A giochi di potere e rimpalli di responsabilità a livello politico corrispondono sentimenti di paura, spaesamento e rabbia di chi ha deciso di abbandonare la propria terra sfidando torture e morte nella speranza di una vita migliore.

Quali sono le implicazioni che vicende come queste portano con sé e quali le prospettive in ottica legale e psicologica in tema di accoglienza?

È quello su cui abbiamo ragionato in questa live a tema io e l’avvocato Giulia Vicari, founder della pagina “Info Immigrazione”.

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La superstizione: non è vero, ma ci credo!

“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male” diceva il buon Eduardo De Filippo ed effettivamente se guardiamo alle statistiche pare che ben il 40% della popolazione italiana riferisca di essere scaramantico.

La superstizione, però, non è qualcosa che appartiene solo al Belpaese. Infatti, a guardar bene, risulta quasi essere parte integrante e funzionale della natura umana tout court: ci accompagna sin dai tempi più remoti.

Dagli amuleti dell’antico Egitto ai riti scaramantici dei giocatori prima di entrare in campo (passando per oroscopo, gatti neri e specchi rotti) nel nuovo video di Etnopsi ho deciso di andare a fondo della questione per capire bene la funzione e l’evoluzione della superstizione e come questa riesca a influenzare la nostra quotidianità.

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L’acchiappasogni: folklore o strumento terapeutico?

L’acchiappasogni è un oggetto protettore originario della tribù degli Ojibway ed è costituito da un cerchio di legno adornato con piume e perline.

Dalla maggior parte delle persone viene visto come un mero elemento d’arredo etnico ma per molti indiani nativi americani è ancora uno strumento protettivo e terapeutico molto efficace.

Tra storia e leggenda, in questo nuovo video di Etnopsi ho approfondito il valore che l’acchiappasogni porta con sé e ho fatto il punto su come possa tornare utile nella pratica etnoclinica.

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Dalla Curanderia all’analisi di sé

Il libro di Massimo Maggiari, “Leggere nel cuore”, è un incrocio tra un diario di viaggio, una mappa che ci permette di addentarci nei misteri della Curanderia e un taccuino sul quale il lettore trova annotate alcune riflessioni che, quasi inevitabilmente, finiscono per fare da specchio ad una serie di quesiti con le quali negli ultimi anni molti di noi si sono trovati a fare i conti.

È anche per questo che ho deciso di fare una chiacchierata con Massimo, per parlare della sua esperienza con Don Mateus (il personaggio simbolo del libro), dell’importanza di riscoprire le proprie origini e di come conoscere l’altro ci possa davvero avvicinare ad una versione nuova di noi stessi.