L’ayahuasca è un decotto naturale famoso per le sue proprietà psichedeliche e, nella cultura di molte popolazioni amazzoniche, si configura come un potentissimo strumento spirituale utilizzato con finalità terapeutiche e introspettive.
Negli ultimi anni, però, l’assunzione del decotto è diventata una moda tra i viaggiatori europei e statunitensi e questo ha generato non solo un incremento del turismo di massa nelle regioni amazzoniche, ma anche la trasformazione della bevanda nell’ennesima droga dello sballo, in un mero oggetto economico e ricreativo svuotato di qualsiasi valore culturale.
L’ayahuasca, però, è qualcosa di molto più complesso in quanto mixa tra loro elementi psicologici, naturali, spirituali, medici, sociali e culturali.
Proprio per questo, nel nuovo video di Etnopsi ho deciso di approfondire l’argomento, ponendo un’attenzione particolare proprio sull’importanza culturale e sociale che l’ayahuasca riveste nelle popolazioni amazzoniche e non.
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Piero Coppo: un mediatore al confine tra le culture
Piero Coppo è stato uno dei protagonisti indiscussi nello sviluppo e nella diffusione del pensiero e del saper-fare etnopsichiatrico in Italia.
I suoi libri sono una sorta di atlante dell’etnopsichiatria e grazie alla sua capacità di leggere e comprendere le diverse culture con le quali è venuto a contatto ci ha lasciato in eredità un grande bagaglio da elaborare e far evolvere.
A pochi anni dalla sua scomparsa ho cercato di cogliere il fulcro di questo enorme contributo etnopsichiatrico, con un po’ di rammarico per non aver avuto occasione di conoscerlo personalmente!
La superstizione: non è vero, ma ci credo!
“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male” diceva il buon Eduardo De Filippo ed effettivamente se guardiamo alle statistiche pare che ben il 40% della popolazione italiana riferisca di essere scaramantico.
La superstizione, però, non è qualcosa che appartiene solo al Belpaese. Infatti, a guardar bene, risulta quasi essere parte integrante e funzionale della natura umana tout court: ci accompagna sin dai tempi più remoti.
Dagli amuleti dell’antico Egitto ai riti scaramantici dei giocatori prima di entrare in campo (passando per oroscopo, gatti neri e specchi rotti) nel nuovo video di Etnopsi ho deciso di andare a fondo della questione per capire bene la funzione e l’evoluzione della superstizione e come questa riesca a influenzare la nostra quotidianità.
L’acchiappasogni: folklore o strumento terapeutico?
L’acchiappasogni è un oggetto protettore originario della tribù degli Ojibway ed è costituito da un cerchio di legno adornato con piume e perline.
Dalla maggior parte delle persone viene visto come un mero elemento d’arredo etnico ma per molti indiani nativi americani è ancora uno strumento protettivo e terapeutico molto efficace.
Tra storia e leggenda, in questo nuovo video di Etnopsi ho approfondito il valore che l’acchiappasogni porta con sé e ho fatto il punto su come possa tornare utile nella pratica etnoclinica.
Tobie Nathan e l’etnopsicoanalisi: tra tecnica, individuo, gruppo e cultura
Tobie Nathan è stato (ed è tutt’ora) uno dei principali studiosi e promotori del modello etnopsicoanalitico.
I suoi studi e la sua pratica clinica si sono concentrati sulla delineazione di un modello clinico capace di leggere i disturbi psicologici in chiave etnopsichiatrica tenendo quindi conto del complesso intreccio di usi, costumi, legami e rituali (impliciti e non) che appartengono ad uno specifico modello culturale e che influenzano l’individuo.
In questo nuovo video di EtnoPsi ho cercato di approfondire la persona Nathan e il suo approccio clinico alla persona migrante.
Georges Devereux e il suo prezioso contributo alla psicologia transculturale
Georges Devereux, all’anagrafe Gyorgy Dobo, è stata forse una delle personalità che ha contribuito maggiormente alla nascita e all’evoluzione sia dell’etnopsichiatria che della psicologia transculturale.
Partendo dal lavoro di Alain Goussot, in questo video ho deciso di raccontare chi era Devereux e soprattutto i preziosi spunti che ci ha regalato e che, a conti fatti, risultano utili sia a chi lavora nell’ambito dell’accoglienza o della clinica transculturale che a chiunque si relazioni con un “Altro” inteso come chiunque abbia cultura, esperienze e vissuti diversi dai propri.
