Alber Einstein diceva: “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario“. Ma cosa vuol dire davvero cambiare?
Il video del TEDx mi ha fatto riflettere sul fatto che quello del cambiamento è davvero un concetto ambivalente. Ad esso, infatti, viene associata quasi sempre un’azione orientata al “positivo”: “Cambia in meglio!”, “Evolvi!”, “Mai rimanere fermo!”, “Solo i cretini non cambiano idea!”. E’ come se il cambiare dovesse diventare un processo automatico per l’essere umano dal momento che sicuramente porterà un benefit. Insomma, più si cambia e meglio è!
Il video di Giacomo Poretti, però, ci fa intravedere un’altra faccia del cambiamento, e cioè che a volte questo può diventare un processo non solo involontario e inculcato dall’esterno, ma addirittura limitante e vincolante per la persona.
Facciamo un esempio: Pippo è un uomo di 40 anni che frequenta assiduamente un gruppo di amici con cui va spesso a giocare a calcetto o a bere qualcosa al pub nel fine settimana. Conduce una vita tranquilla, è sposato con figli, ha un buon posto di lavoro e tutto sommato è soddisfatto della sua vita. Parlando con gli amici, però, a volte si sente fuori luogo, soprattutto quando iniziano a parlare di quotazioni in borsa, di comprare e vendere azioni per aumentare i propri risparmi, e di come al giorno d’oggi se non ti costruisci un buon paracadute non puoi dire di essere davvero al sicuro. A volte, scherzando, lo prendono anche un po’ in giro perché lui non rischia mai, è sempre lì a pensare a cosa è giusto e cosa no. Del resto non hanno tutti i torti, Pippo sa di avercelo un buon paracadute, ha un buon contratto di lavoro in un’azienda solidissima e seppure, dio non voglia, le cose dovessero andar male, c’è sempre sua moglie o la sua famiglia che una mano gliela possono dare. Però…però Carlo, Massimo, Luca e Luigi sono così convinti quando parlano di azioni! Pippo inizia pian piano a pensare che forse è davvero lui quello strano, che nella sua vita in fondo non ha mai rischiato niente, che è comodo vivere nella paura, ma a che prezzo? Finisce per convincersi che la sua vita è vuota in confronto a quella dei suoi amici e che è stanco di doversi sentire inferiore solo perché non investe alcuni dei suoi risparmi per progettare un futuro migliore. Decide, quindi, che non va bene, deve fare come i suoi amici, deve rischiare!
Mi fermo qui, prima che il povero Pippo si ritrovi senza casa e senza affetti. Ciò che credo valga la pena sottolineare, è come a volte quello che sembra un cambiamento che parte da dentro possa celare una spinta ad aderire alla pressione sociale o al semplice desiderio di assecondare qualcosa o qualcuno al di fuori di noi, e la persona finisce, così, per non tener minimamente conto di ciò che il processo di cambiamento implica per se stessa e per chi gli sta intorno.
Forse allora è bene fermarsi un attimo e ricordarsi che cambiare – ma cambiare davvero, cambiare perché lo si vuole! – non è un atto scontato, una roba banale, ma è un processo difficile e che nella maggior parte dei casi destabilizza perché chiama in causa il nostro senso di responsabilità. Quando si cambia si decide di metter mano a tutti quegli schemi preesistenti e creati da noi stessi con cura e dedizione nell’arco degli anni! Vuol dire prendere un quadro che finora ci ha dato una quota parte di “fama e successo” e ritoccarlo con il costante timore che la nuova versione potrebbe non piacere affatto sia a noi stessi che a chi finora ci è stato intorno.
Il cambiamento, quindi, si figura come qualcosa di positivo solo se utile e necessario ai fini del proprio benessere, se fatto intenzionalmente e con la piena consapevolezza dei propri strumenti, dei propri limiti e delle difficoltà che questo processo porterà con sé. E’ solo allora che diventa qualcosa di “intelligente”, qualcosa cioè di utile ai fini della nostra autorealizzazione.
Cambiare è un arte, e come ogni arte va presa sul serio!