Il video di Fanpage.it ci mostra molto bene cos’è uno stereotipo culturale e come questo possa evolvere in un pregiudizio che mina il processo di accettazione e integrazione di uno o più individui.
Ma come nascono gli stereotipi e i pregiudizi culturali?
Partiamo dal principio: il concetto di generalizzazione.
Citando Wikipedia, la generalizzazione può essere definita come “il processo attraverso il quale viene associato ad una varietà di elementi/esperienze il medesimo significato“. Un esempio può essere quello di inserire nella categoria generale degli alberi tutti i suoi sottotipi quali il pino, l’abete, il cipresso e così via. Questi ultimi avranno dei tratti in comune che permetteranno una loro associazione mentale e il conseguente raggruppamento nella loro macro-categoria di significato.
La generalizzazione, quindi, altro non è che un processo di classificazione capace di farci risparmiare energie, perché ci permette di identificare e comprendere in maniera più veloce gli oggetti, le persone o le situazioni con cui abbiamo a che fare. Tanto più la categoria generale verrà considerata rappresentativa del campione di riferimento, tanto più sarà accettata e condivisa, al punto tale da trasformarsi in uno stereotipo. Questo può essere descritto come un’idea preconcetta, un’aspettativa, un’immagine che è diventata fissa per via del suo utilizzo frequente e della sua diffusione massiva. Il valore psicologico dello stereotipo è facilmente intuibile: se davanti ad un elemento nuovo (e quindi destabilizzante per l’equilibrio interno) si possono ricondurre gli elementi che lo caratterizzano ad una categoria nota, lo stress da esso derivante si riduce notevolmente.
Con un articolo del 1922, Walter Lippmann accosta il concetto di stereotipo alle scienze sociali e afferma che quando si percepisce qualcuno in modo stereotipato si tende ad attribuirgli tutte le caratteristiche che si ritengono condivise tra i membri del relativo gruppo di appartenenza. Lo stereotipo dell’italiano, ad esempio, è quello dei una persona che gesticola molto, che ama la pizza, che canta canzoni neomelodiche e che riesce sempre a cavarsela nelle situazioni complicate. Da ciò segue che se incontrerò una persona che presenta alcune di queste caratteristiche, tenderò ad identificarla in maniera stereotipata come italiana.
É su questa base che allo stereotipo può affiancarsi il pregiudizio, ovvero quel gruppo di “giudizi anticipati” – per dirla alla Gordon Allport (1954) – che scaturiscono in modo rigido e inevitabile dall’indebita ed erronea generalizzazione provocata dagli stereotipi. A differenza di questi ultimi, però, i pregiudizi si muovono su un piano valutativo e non solo cognitivo: sono legati, cioè, ad una componente che riguarda il sistema valoriale della persona e la sua indole a intendere quest’ultimo in maniera oggettiva, diffusa e generalizzata. Il pregiudizio, insomma, riguarda ciò che si ritiene moralmente ed eticamente sbagliato del comportamento o del modo di pensare dell’altro basandosi solo sullo stereotipo che si utilizza per identificarlo. Per semplificare: se il mio stereotipo dell’italiano è quello sopracitato e ritengo moralmente ed eticamente sbagliato gesticolare durante una conversazione, nel momento in cui incontrerò una persona con le caratteristiche proprie dello stereotipo italiano tenderò automaticamente ad allontanarla (o in casi estremi a condannarla) senza neanche conoscerla, basandomi solo sul suo essere un potenziale esponente della categoria di appartenenza.
Se da un lato, quindi, stereotipi e generalizzazioni sono elementi cognitivamente “convenienti” perché permettono una valutazione immediata del mondo che ci circonda, dall’altro tendono a non render conto della specificità di tutti quegli elementi che compongono le categorie di riferimento. Questi ultimi, infatti, verranno descritti solo in base ai loro tratti comuni mentre le loro differenze verranno annullate o comunque non prese in considerazione.
Riportando il discorso all’interno del contesto sociale vediamo, quindi, come il lasciarsi andare a stereotipi e a pregiudizi non porta ad altro che a minare o limitare la nostra possibilità di incontro con l’altro. Il concentrarsi solo sulla presunta “categoria di appartenenza” di una persona, sul suo presunto gruppo etnico o sul suo presunto contesto socio-culturale, infatti, vuol dire scegliere di trascurare tutti quei tratti che ne evidenziano la soggettività e ne caratterizzano la personalità, ed è proprio questo atteggiamento superficiale e automatico che sta alla base della discriminazione perché porta a prendere le distanze in maniera aprioristica dal “diverso da noi”, a considerarlo come un mero esponente di una categoria prevedibile e prestabilita e, non ultimo, ad impedirne una possibile integrazione all’interno del tessuto sociale.
SITOGRAFIA
– “State of Mind” Il giornale delle scienze Psicologiche – Stereotipi e pregiudizi – Introduzione alla Psicologia nr. 16
– Università degli Studi di Messina – Slide “Stereotipi e Pregiudizi”
– Wikipedia – Voce “Generalizzazione”