
Fissando questo meraviglioso tramonto dal belvedere di Pizzo (VV) ho riflettuto su quanto coraggio devono aver avuto i primi navigatori a superare il limite visivo imposto dall’orizzonte e decidere di salpare alla scoperta di cosa ci fosse oltre il confine del mare.
Ormai diamo per scontato che oltre quella linea illuminata dal sole ci sia una costa, una spiaggia, un punto di arrivo, ma quando c’era solo l’occhio a fare da discriminante tra il vero e l’oscuro bisognava avere davvero tanto coraggio per rompere gli schemi percettivi e salpare alla scoperta dell’ignoto.
Grazie a quel coraggio siamo riusciti a dare forma all’ignoto e, a volte, persino ad integrare parti di esso con le nostre abitudini e convenzioni sociali e personali. Pensiamo, ad esempio, a quanto la cultura d’oltre oceano ci abbia influenzati nei modi di agire e di relazionarci agli altri!
Oggi il coraggio (o la follia?) di quei navigatori lo rivedo nella spinta alla scoperta dell’universo, un oggetto oscuro e infinitamente sconfinato che non può non richiamare a quel mare che avevano davanti persone come Cristoforo Colombo o Ferdinando Magellano.
Che sia una prova del fatto che siamo esseri curiosi e naturalmente spinti a cercare il nuovo andando oltre i limiti che ci vengono imposti dagli altri o da noi stessi?
Beh, a pensarci sarebbe una buona base per descrivere la voglia di cambiamento che i pazienti portano nella stanza di analisi!